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Vincere un hackathon online al tempo della pandemia: il team vincitore di Hack@MI 2020 ci racconta la sua esperienza

Scopri l’intervista al team BonomiBoys vincitore di Hack@MI, il primo hackathon online, innovativo e digitale, che ha coinvolto team di giovani talenti in ambito Digital, STEM ed Innovation per risolvere problemi complessi e strategici per la società, l’economia e le persone.

Hack@MI si è svolto online da Aprile a Maggio 2020 con il Comune di Milano e grazie all’allora Assessora alla Trasformazione Digitale e ai Servizi Civici Roberta Cocco. Hack@MI è nato come evento punta di #STEMintheCity, l’iniziativa promossa dal Comune di Milano, in collaborazione con importanti realtà del settore pubblico e privato e il sostegno delle Nazioni Unite, per diffondere la cultura delle STEM, rimuovere gli stereotipi culturali che allontanano le ragazze dai percorsi di studio nelle materie tecnico-scientifiche. 

L’intero digital contest si è svolto proprio su Open Data Playground, la piattaforma di hackathon e data challenge per risolvere problemi concreti di business e corporate social responsibility e per allenare le competenze analitiche degli utenti su dataset reali. 

Le sfide che hanno affrontato i team sono state innumerevoli: dalla soluzione di reali problemi aziendali commissionati dalle aziende sponsor delle gare alla gestione ed organizzazione di un lavoro di gruppo in forma telematica. Oggi vogliamo sentire la loro voce e scoprire di più sull’organizzazione del lavoro fino alla vittoria.

Partiamo con le domande!

Buon pomeriggio ragazzi e ancora congratulazioni per la vittoria di Hack@MI 2020. Ci raccontate brevemente chi siete, cosa fate e perché avete deciso di partecipare all’hackathon digitale?

Buongiorno, grazie per l’interesse dimostrato verso il nostro team ed il lavoro che abbiamo fatto! 

Siamo un gruppo di 6 ragazzi tra i 23 e i 25 anni; 5 di noi si sono conosciuti al corso di formazione manageriale organizzato da Fondirigenti e Confindustria, D20Leader. Il lungo lockdown che abbiamo vissuto nei mesi scorsi ci ha imposto un cambiamento radicale nei nostri stili di vita. Lungo il percorso formativo affrontavamo progetti e sfide diverse giorno dopo giorno. Bruscamente interrotti dalla pandemia, la nostra volontà era però quella di continuare a lavorare insieme, di confrontarci con nuove sfide e, a quel punto, di creare impatto, scrollandoci di dosso il senso di impotenza. Quale migliore occasione di un Hackathon?  

Come avete dato vita al team?

Creare un team dopo l’esperienza di formazione è stato uno step spontaneo; la ricchezza della nostra diversità si è unita alla voglia di mettersi in gioco. Il gruppo si è poi arricchito di amici che hanno aggiunto multidisciplinarietà, indispensabile per le sfide che avremmo incontrato. Siamo infatti un team molto variegato: molti hanno avuto esperienze all’estero, altri sono esperti di management, economia, studi politici, informatica, grafica, relazioni internazionali, intelligenza artificiale ed open innovation.

Hack@MI è stata la nostra prima esperienza di remote hackathon come gruppo, ma non l’ultima! Nei mesi di quarantena ci siamo messi alla prova su diverse piattaforme e la multidisciplinarietà del nostro team è sempre stata la nostra arma vincente.

I BonomiBoys in videochiamata durante una loro riunione per l'hackathon online HackatMI
Il team BonomiBoys durante una delle loro riunioni

Durante il lockdown avete sostenuto varie sfide. In quali avete trovato maggiori difficoltà?

Con assoluta certezza, la sfida più grande è stata quella di gestire la parte emozionale del progetto su uno schermo bidimensionale.

Tra persone che già si intendono e conoscono sul piano personale, la co-gestione di un progetto e le cosiddette “norme di gruppo” si auto-regolano, evolvendosi tramite buonsenso e naturalezza. Non ci vuole un genio o un leader a capire quando e come dividere dei compiti o a definire scadenze e appuntamenti. Nel momento in cui sorge un elemento extra-ordinario/emozionale – come una consegna mancata ripetutamente, ritardi, visioni contrapposte, incomprensione sul da farsi, sindrome del “non sono capace” ecc. -, la presenza fisica permette di risolvere il problema in maniera più distesa e anche la discussione acquisisce toni non fraintendibili. La nostra sfida è stata proprio questa: qualsiasi problema doveva essere affrontato con la sola arma della dialettica, che attraverso uno schermo non acquisisce il giusto peso e le giuste motivazioni, dando adito a numerose discussioni.

In secondo luogo, citiamo sicuramente la componente STEM delle sfide. Nonostante sembri una modalità di lavoro che favorisca la scrittura di codice, il necessario confronto a distanza ha creato una difficoltà di interpretazione reciproca dei blocchi e altri problemi più pratici come la complessità computazionale che richiedeva computer più potenti a cui non avevamo accesso. 

Al di là delle difficoltà, c’è stato qualche vantaggio inatteso in questa nuova forma di eventi?

Sostenerci a vicenda lungo il lockdown e condividere gran parte delle nostre giornate, seppur online, ha sicuramente riempito uno spazio che altrimenti avremmo dovuto riempire diversamente, per trascorrere un periodo che come sappiamo è stato complicato per tutti. Questo, quindi, è sicuramente un vantaggio inatteso che ci siamo ritrovati da questa esperienza e che quindi riconduciamo alla già menzionata sfera emozionale che, a nostro avviso, conta molto nelle dinamiche di gruppo e nella riuscita di ogni sfida.

Un altro vantaggio probabilmente inatteso è quello legato all’acquisizione di competenze che probabilmente pensavamo di non avere e che nonostante la divisione precisa dei compiti è emersa in ogni sfida, o in generale in ogni momento in cui vi era la necessità di completare una fase del nostro progetto, indipendentemente da quale fosse la specifica competenza del singolo.

Vi sentireste di consigliare ad altri di partecipare ad un hackathon digitale? Quali sono stati i vantaggi diretti e indiretti che avete acquisito da questa esperienza?

Consigliamo sicuramente ad altri di partecipare! Si tratta infatti di un’esperienza molto formativa, oltre che divertente. I membri del team provenienti da un background STEM hanno infatti la possibilità di confrontarsi con problemi concreti e di mettere in pratica le proprie conoscenze, mentre i partecipanti che hanno alle spalle studi diversi possono avere a che fare con problemi di natura più tecnica e osservarli attraverso la propria lente per fornire il loro proprio contributo.

Tra i vantaggi di partecipare a un hackathon vi sono infatti quello di acquisire nuove conoscenze ed esperienze, ma anche di interagire e confrontarsi con gli altri membri del team per produrre delle idee che siano il prodotto concertato di molte diverse intuizioni e punti di vista. Eventi di questo tipo sono inoltre ottime occasioni di networking. Infine, partecipare ad Hack@MI durante il periodo di lockdown, nonostante le difficoltà comportate dalla distanza, ci ha sicuramente permesso di impiegare il nostro tempo in modo costruttivo.

Presentazione in videochiamata della soluzione alla finale dell'hackathon online HackAtMI
Presentazione della soluzione alla finale dell’Hackathon Hack@MI

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